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IES IRAE, DIES SODOMIAE.
"Giunto che fu alla sommità della Collina delle Nerchie, proprio di fronte alla Spianata delle Patonze, il Sommo Profeta Gangarozzo, interpellato su questa porcata del virus sodomizzatore, così apostolò la folla di scarcagnàti ivi accorsi per sentire le misere palòre del Maestro:

"In verità vi dichi... questo vi dichi. Ora, un po' tutti, sentiamo il fiato sul collo di qualcuno che ci vuole sodomizzare, e un po' tutti ci sentiamo in pericolo (cosa alla quale non siamo abituati, dato che in altre zone del mondo ci sono persone che vivono, quotidianamente, in pericolo costante di vita e, soprattutto, di morte). E allora alcune riflessioni si devono fare. Poche riflessioni.

Che la vita, in pericolo, non è bello averla. Ma alcuni, la vita in pericolo, in altre zone del mondo, ce l'hanno ventiquattro ore al giorno, trecentossantacinque giorni all'anno.
Che dovremmo più spesso pensare che la regola non è la vita, la regola è la morte, e "i vivi sono i morti in vacanza". Cioè che la sfortuna non è morire o essere morti, ma semmai la fortuna essere vivi. E' una coincidenza irripetibile. Ed è un momento che vola via, anche improvvisamente, anche senza motivo.
E poi un'altra cosa.
Che la vita, per averla, dobbiamo avere un corpo nel quale cento o duecento meccanismi, o forse più o forse meno, funzionano alla perfezione, tutti contemporaneamente, e alla perfezione. Per avere la vita, questo ci vuole: tanti meccanismi che funzionano perfettamente. Che culo che, in effetti, è la vita e la salute. Laddove invece, basta che uno di questi meccanismi non funziona, ed è la fine di tutto, e ha inizio la eterna sodomia.
Strano appare invero come la maggior parte di uomi e donne e gay la vita, soprattutto se godono di ottima salute, la impieghino a scripintàre i coglioni del prossimo, e financo i propri, attribuendo importanza massima ad eventi del tutto insignificanti (come amori finiti, tradimenti, delusioni, aspettative mancate, bollette di Equitalia e altre cose crudeli) la cui "insignificanza" viene compresa proprio quando il film, il film della vita, sta per finire.
Massimamente fortunato è chi, invece, ha compreso che questa pagliacciata chiamata vita con una serie di risate, e con la capacità di ridere soprattutto di se stessi e delle cattiverie altrui, alla fine può essere goduta (a mezzo di passeggiate lunghe sotto la luce del sole e il suono degli uccelli, abbracci e baci, aggrovigliamenti corporali tra persone che si amano, uscite in gruppo per andare al cinema, birrazze rosse davanti ai quali boccali discutere del bene e del male e della vita e della morte, regali fatti a sorpresa alle persone cui si vuole bene, e altre cose inutili) come una di quelle ciliege di luglio che ti metti in bocca, chiudi gli occhi, e tutto sembra meraviglia.
Ora, o Fedeli, vi lascio. Con la speranza che, prima o poi, possiate spiegarmi le minghiate che ho detto e delle quali io, modestamente, senza offesa, non ho capito una minghia. La messa è finita. Andate affancùlo (cit. Daniele Luttazzi)".

Dette queste sagge palòre il Sommo Profeta Gangarozzo si avventò sopra un grappino, quelli bianchi che sembrano acqua, ma acqua non sono. Indi si addormentò zirèno. Perchè il Sommo Profeta di birrazze rosse bere poteva a tinchitè. Ma il grappino, il grappino al Superno predicatore provocava sonno: un sonno tanto irresistibile quanto zireno".
(Da: "Vita del Sommo Profeta Gangarozzo scirtta da lui medesimo", Atene, III sec. a.C.)