Pensando alle partigiane di ieri …

Il 25 Aprile ci fa ricordare che tanti uomini e tante donne di 75 anni fa, contribuirono a liberare il nostro Paese dalla Dittatura Fascista; non dobbiamo dimenticare che preferirono morire pur di non tradire i loro compagni e infrangere il sogno della libertà dal Nazifascismo.

Purtroppo, dagli storici, la partecipazione delle donne alla lotta partigiana, fu sempre taciuta, nonostante il compito delle donne non si limitò a quello delle staffette, che per quanto pericoloso e temerario, venne sempre confinato ad un ruolo secondario. Soltanto all’inizio degli anni Settanta, incomincia ad emergere il ruolo da protagoniste che le donne ebbero nelle lotta al fascismo, grazie anche al successo del libro “L’Agnese va a morire”, la cui scrittrice, nonché partigiana, Renata Viganò, lo pubblica per la prima volta nel 1949, ma viene quasi ignorato. Pubblicazioni di altri testi con testimonianze e interviste a donne partigiane, sempre agli inizi degli anni Settanta, del genere, “La Resistenza taciuta”, restituiscono alle donne il loro ruolo di combattenti e di militanti nella guerra partigiana, dimostrando coraggio e determinazione, dal Nord al Sud unite da una visione comune, bella ed entusiasmante.

Cecilia, Angiolina, Nina, Beba, questi sono alcuni dei nomi di battaglia di ragazze e donne calabresi che, in un futuro dell’Italia, di nuovo marcato al maschile, ritornarono al silenzio per rioccupare un ruolo in famiglia visto che, per tradizione, i luoghi di lavoro e i poteri decisionali, erano rioccupati dagli uomini, al Nord come al Sud, unite da una visione comune:questa volta brutta e mortificante …

Ciò succedeva, nonostante, secondo alcune stime, le donne che hanno partecipato alla Resistenza sono state settantamila, ma probabilmente sono molte di più. Tuttavia, il loro impegno, il loro coinvolgimento, il loro sacrificio di vite versate, vennero ignorati .Su di loro, cadde il silenzio. Perché? Secondo qualche scrittrice, e non solo, subito dopo la Resistenza, la cultura maschilista, allora trionfante su tutti i fronti, ha voluto “spezzare le ali” alle donne, che avevano dimostrato di essersi evolute e di essere alla pari con gli uomini.

Peccato che i loro ex compagni di lotta, non la pensassero allo stesso modo .Le donne avevano dato il loro contributo, a costo della vita, ma era ora che tornassero a fare le mogli e le madri. Come per dire:“ Grazie, però siete donne, state buone e tornate a fare la calza”.

“Vai a fare la calza”, era un’espressione molto usata anche dai compagni uomini di allora.Del resto, in quegli anni, la cultura maschilista era trasversale e quindi anche gli uomini della Resistenza, ne erano “contaminati” .Per fortuna, nel tempo, in modo graduale, molto graduale, almeno loro, si sono evoluti.

Viva le donne, sempre, di ieri e di oggi!!! Quando sono forti, intelligenti; quando sanno decidere in modo autonomo da quale parte stare;anche oggi, come ieri: essere partigiane diventa un esercizio obbligatorio, un imperativo categorico per tutte.