Buongiorno. Domani saremo in piazza a manifestare come sempre da quando possediamo l'età della ragione (solo virtualmente meglio specificare).
Saremo in piazza perché il 25 aprile si celebra la fine di una guerra cruenta (20 milioni di morti); la fine dell'orrore nazifascista, cioè la negazione di ogni diritto.
La Resistenza, certo, è stata una guerra e la cattiva retorica, ci rammenta un giorno sì e l’altro anche, che i morti sono tutti uguali.
È vero!
Invece, da vivi non erano uguali, i Partigiani combattevano per la libertà di tutti, mentre “i ragazzi di Salò” erano a fianco dell’oppressore nazista.
I partigiani dopo aver combattuto, per la libertà, si sono seduti, alla fine della guerra, e hanno scritto la nostra Costituzione.
La Carta Costituzionale, proprio perché nasce da una guerra, decide di “ripudiarla”. Ripudiarla (art. 11). Non di rifiutarla, o di condannarla: ripudiarla. Si ripudia solo qualcosa che ti è appartenuto. Chi l'ha scritta ha visto quanto la guerra facesse schifo: per codesto motivo ha detto “MAI PIÙ”. Noi domani saremo in piazza per celebrare la fine di una guerra e l'Italia che la ripudia. Anche se ci sorge il ragionevole dubbio di poter usare il verbo al presente: la ripudia o la ripudiava?
Domani ricorrerà il 75° anniversario della Liberazione. E noi, a differenza di chi va dietro le mode estemporanee, camminiamo dietro gli elefanti. Amiamo il pachiderma poiché, gli elefanti hanno la memoria lunga e non si dimenticano facilmente della storia.
Nell'epoca dell'informazione, la quale, racchiude tutto nel presente. Noi sommessamente pensiamo; occorre tenere bene a mente le cicatrici, i segni, i simboli e i valori.
Il tema dell'antifascismo per noi è una questione fondamentale, come lo è il rispetto della memoria dei nostri compagni (così si appellavano tra loro poiché compagni deriva dal latino “cum panis”, condividevano il sapore del pane della libertà) caduti nelle strade, dalla Resistenza ai giorni nostri.
La violenza fascista e l'odio per il diverso hanno assunto nel corso della storia vari significati, metodi e modi: prima violenza politica, poi brutalità sociale, diffusa, spontanea, alimentata da "matrici" centrali che la legittimano per poi dissociarsene quando diviene ingovernabile.
Concludiamo questo pensiero con un aneddoto: "E' vero, abbiamo vinto noi e tu sei potuto diventare senatore, avessi vinto tu, io sarei ancora in carcere" (Vittorio Foa senatore dello PSIUP [Partito socialista] a Giorgio Pisanò senatore del MSI).

24 aprile 2020

Antonio Cormano