Sulle montagne - diario di difficoSulle montagne - diario di difficoltà e tenacia

I tappa: Palermo – Bagheria

II tappa: Altavilla Milicia – Eremo di San Felice 25 agosto 2019 (invero la tappa parte da Bagheria)

III tappa: Eremo di San Felice – Caccamo 26 agosto 2019

IV tappa: Caccamo – Montemaggiore Belsito 27 agosto 2019

V tappa: Montemaggiore Belsito – Caltavuturo 28 agosto 2019

V tappa: Montemaggiore Belsito – Sclafani Bagni (chi me l’ha fatto “rifare”:D ) – 16 agosto 2020

VI Sclafani Bagni – Polizzi Generosa – 17 agosto 2020

VII tappa: Polizzi Generosa – Petralia Sottana – 18 agosto 2020

VIII tappa: Petralia Sottana – Gangi – 19 agosto 2020

IX tappa: Gangi – Nicosia – 20 agosto 2020

X tappa: Nicosia – Troina – 21 agosto 2020

XI tappa: Troina – Cesarò – 22 agosto 2020

XII tappa: Cesarò – Randazzo – 23 agosto 2020

XIII tappa: Randazzo – Floresta – 24 agosto 2020

XIV tappa: Floresta – Montalbano Elicona – 25 agosto 2020

XV tappa: Montalbano Elicona – Novara di Sicilia – 23 agosto 2021

XVI tappa: Novara di Sicilia – Castroreale – 24 agosto 2021

XVII tappa: Castroreale – Santa Lucia del Mela – 25 agosto 2021

XVIII tappa: Santa Lucia del Mela – Rometta – 26 agosto 2021

XIX tappa: Rometta – Villafranca Tirrena/Calvaruso – 27 agosto 2021

XX tappa: Villafranca Tirrena/Calvaruso – Messina – 28 agosto 2021

XXI tappa: Messina – Capo Peloro – 28 agosto 2021; in bus urbano, anzi in shuttle

Scrivere implica sempre un impegno, raccontare ancor di più ma quello che riesce sempre complicato e complesso è esprimere sentimenti, passioni, visioni e sogni attraverso questo strumento.

Eppure senza la scrittura non saremo qui oggi perché il sapere attraverso questa si tramanda e trapassa da persona a persona.

Oggi per uno strano scherzo del destino ho deciso di iniziare il racconto di un viaggio, del mio viaggio a piedi per km tra luoghi aspri a volte ma rigogliosi molte altre: di verde, di sole, di gente, di passioni e di accoglienza fatta di semplicità e complicità, fatta di condivisione.

La mia esperienza sulla Via Francigena Palermo – Messina per le montagne comincia una calda giornata di agosto, il 25 del 2019.

I tappa: Palermo – Bagheria

Decido di saltare la prima tappa e di partire, per ragioni di logistica, dalla stazione di Altavilla Milicia.

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II tappa: Altavilla Milicia – Eremo di San Felice 25 agosto 2019

I primi km su asfalto perché la stazione dista dal paese – e dalla traccia – più di due km.

Giungo in paese, mi rifornisco di cibo e parto alla volta dell’Eremo di San Felice tra Altavilla e Caccamo.

Percorro parte della città e inizio la prima grande salita.

Si passa per stradine di campagna, sentieri sterrati, cancelli chiusi che si possono aggirare a piedi con indicazione del percorso e dove trovo una moneta.

Come sempre riesco a perdermi, stavolta in mezzo al nulla tra mucche che temo esser tori – ed io viaggio vestito di rosso così mi metto a torso nudo per evitare di provocare i mansueti animali – laghetti di montagna in mezzo al nulla, sentieri in salita, assenza di rete e quindi di traccia del percorso che non ho scaricato sul cellulare.

Come si dice “cu è riccu d’amici, è scarsu di guai” (chi è ricco di amici è povero di guai): riesco ad avere la linea per pochi secondi, chiamo un amico (il mitico Salvatore Balsamo, fautore del percorso che qualche settimana prima ha attraversato) che mi dà le indicazioni ma io, che riesco a perdermi anche a casa mia, alla fine della salita mi perdo di nuovo e finisco, all’imbrunire, sull’orlo di un precipizio da dove non si vede traccia dell’eremo.

Mi chiamano anche i ragazzi dell’Associazione che gestisce l’accoglienza all’Eremo. Alla fine sempre grazie a Salvatore riesco a giungere, quasi al buio, al cancello dell’Eremo dove mi raggiunge Totò che mi porta la cena e mi apre le porte di un posto che a tutt’oggi credo essere tra il mitico e fantastico, poco reale ma vero nel senso più profondo del termine.

L’Eremo è costituito da una piccola chiesetta del 1300 con accanto un locale in cui si trova un grande unico salone ed un soppalco con i letti. Viene spesso usato dagli scout per i loro campi tant’è che il salone è pieno di bandiere e stendardi. In un angolo è ritagliato un piccolo bagno.

Totò mi porta la concordata cena, mi spiega che, come già sapevo, non c’è corrente elettrica per cui devo arrangiarmi con torcia e candele (che mi fornisce in abbondanza).

L’acqua arriva per caduta, è prelevata da una fonte e trasportata, con pompa a scoppio, sulla cisterna sul tetto; manca, ovviamente, l’acqua calda.

Congedato Totò resto da solo, faccio la mia bella doccia fredda, lavo i panni e li stendo, industriandomi, sui bastoncini in bagno.

Nel totale silenzio rotto solo dallo scampanellio di una mucca – unico essere vivente che mi farà compagnia insieme ai grilli fin quasi alle 23 – ceno a lume di candela, chatto qualche minuto con amici e familiari tramite il telefono (sapendo di doverlo ricaricare mi sono fornito di un caricabatterie di scorta con pannelli per la ricarica solare) e mi metto a letto.

Dormo come un ghiro fino all’alba che però non vedo perché nuvoloso.

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III tappa: Eremo di San Felice – Caccamo 26 agosto 2019

Faccio colazione, risistemo lo zaino, scrivo un messaggio a futura memoria col quale ringrazio per avermi fatto tornare bambino per una notte passata senza la corrente elettrica come quando si andava in campagna in estate e riparto alla volta di Caccamo.

Dopo una lunga ed estenuande discesa che in quel percorso è all’ordine del giorno arrivo alla diga dove mi raggiungono Totò e altri amici dell’associazione. Mi spiegano che la salita è poco interessante ed è su asfalto per cui, faccio due conti e siccome non ero fisicamente in forma accetto un loro passaggio per Caccamo arrivando, quindi, con largo anticipo.

Contatto l’accoglienza, vado a fare la doccia, pranzo in un locale e torno al B&B dove riposo tutto il pomeriggio.

Esco per una passeggiata e mi dirigo verso il castello che, con meraviglia, scopro essere il terzo castello più bello d’Europa. Arrivo a circa mezz’ora dalla chiusura per cui il custode mi fa entrare con la promessa di una visita veloce e non mi fa pagare il biglietto: solo in Sicilia credo che l’accoglienza arrivi a tanto.

Visito il castello velocemente ma prometto di tornarci.

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IV tappa: Caccamo – Montemaggiore Belsito 27 agosto 2019

Il giorno dopo parto alla volta di Montemaggiore Belsito. Attraverso un fiume in secca e per il caldo oltreché per la forma fisica decido di rinunciare agli ultimi km trovando un passaggio anche per la seconda metà.

A Montemaggiore mi accolgono Fabio (responsabile del comitato), Pino e sua moglie Giusy (gestori del B&B e componenti del comitato). Dopo la solita doccia e riposino, Fabio e Pino mi portano in una piccola chiesetta fuori paese, chiesetta nella quale si trova una piccola incisione in greco antico dedicata a san Giacomo, patrono dei cammini e dei camminitori. Mi fanno graditissimo omaggio di un souvenir del comitato, l’unico che a tutt’oggi porto attaccato allo zaino.

La sera mi accompagnano per la cena in un locale dove mi propongono un menù del pellegrino talmente abbondante che il giorno dopo ho rischiato di rotolare invece che camminare. Fabio dopo cena mi raggiunge e passiamo un po’ di tempo a discutere della Magna Via Francigena e della Via Francigena Palermo – Messina per le montagne.

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V tappa: Montemaggiore Belsito – Caltavuturo 28 agosto 2019

Riparto all’alba del 28 maggio per quella che poi, date le mie condizioni fisiche, ho deciso sarebbe stata l’ultima tappa.

Destinazione Caltavuturo passando per Sclafani Bagni.

Lungo il percorso, alla prima salita incontro u zi Pippinu, poeta contadino il quale, per come già mi avevano avvertito, chiede il mio nome e ci intreccia versi in dialetto. Pochi secondi e come un’apparizione venuta dal nulla scompare, non l’ho più rivisto.

Il caldo ma soprattutto la mia condizione fisica mi impediscono, pena uno svenimento o un malore, di raggiungere Sclafani Bagni dove arrivo grazie sempre alla proverbiale generosità siciliana: un contadino mi dà un passaggio.

Contatto Giusy, responsabile del comitato e ci incontriamo in una piazzetta che è il cuore e praticamente tutta Sclafani Bagni borgo di 442 abitanti.

Giusy mi fa conoscere al municipio il sindaco che personalmente timbra le mie credenziali sulle quali per un errore dovuto al buio Totò all’Eremo di San Felice aveva apposto il primo timbro partendo dalla fine e così le mie credenziali sono timbrate in ordine inverso, la cosa mi piace perché originale.

Vien giù un po’ di pioggia per cui chiamo l’accoglienza a Caltavuturo per farmi venire a prendere. Mi raggiunge in auto e mi porta all’accoglienza. Non è stata una bella permanenza a Caltavuturo: il locale non mi è piaciuto e nel pomeriggio è venuta giù l’acqua a secchiate. Contattati amici che vevano fatto prima di me il cammino comunico che trovo il percorso finora pesante, mi informano che le prossime tappe sono pure peggio per cui, anche dietro loro consiglio, decido di interrompere il cammino, tornare a casa, allenarmi e riprendere nelle giuste condizioni fisiche.

Ma come ogni cosa in Sicilia anche il rientro da quel paesino è complicato. Controllo e non risultano mezzi pubblici per raggiungere una qualsiasi città – Catania o Palermo – per cui chiamo il gestore dell’accoglienza che mi passa il numero di telefono di un privato che fa la spola per Palermo, lo contatto e mi informa che l’unica corsa è alle 6 di mattina.

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Il 29 mi alzo di buon ora (erano credo le 4:45) e provo a fare la doccia. Per un guasto alla caldaia non ho acqua calda per cui anche in quell’occasione doccia fredda (data l’ora non ho voluto disturbare il gestore dell’accoglienza che poi mi ringrazierà per questo).

Raccolgo le mie cose e mi avvio per il ritorno a Palermo da dove in mattinata torno a casa, sconfitto dalle montagne, dal mio sovrappeso, dalla forma fisica non adatta e da altre varie preoccupazioni.

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Perdersi sulle Madonie è stata un’esperienza unica e come sempre la voglia di riprendere il cammino era tanta.

Stavolta però non mi sarei fatto trovare impreparato: niente avventura da solo che sulle montagne il telefono non prende, riacquistare la forma fisica che significa perdere peso e allenarsi a portare lo zaino il cui contenuto andava rivisto.

Avevo un anno di tempo per far tutto ma ho preso ad allenarmi fin da subito.

Un anno, 365 giorni anzi 366 visto che il 2020 è bisestile, innumerevoli ore ed innumerabile minuti e secondi ma passano, uno dopo l’altro come i passi che coprono metri, decametri, ettometri e kilometri o più italianamente, e correttamente nella lingua di Dante, chilometri.

Così sono passati e non starò a narrarli perché questo racconto riguarda il viaggio e si è trattata solo di una pausa.

Dopo essermi allenato, fatto la dieta, perso considerevolmente peso e preparato lo zaino sono partito con insoliti e fantastici compagni di viaggio – Sergio, Gero e Renato – alla volta di Montemaggiore Belsito la sera del 15 agosto 2020 (comincia a somigliare ad un diario di viaggio, vero? Soprattutto per le date :)

Loro in gennaio si erano fatti le tappe fino a Montemaggiore (hanno fatto anche la prima tappa da Palermo a Bagheria malgrado avessi consigliato loro di saltarla perché su asfalto, se ne sono pentiti? Ovviamente non del tutto perché ognuno vede il cammino a modo proprio); così da lì abbiamo deciso di ripartire.

Ospitati come sempre da Pino la sera dopo la solita abbondante cena siamo andati a dormire; oddio non proprio perché tra caldo e tensione per il viaggio nessuno dei quattro ha dormito profondamente, ma così va.

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V tappa: Montemaggiore Belsito – Sclafani Bagni (chi me l’ha fatto “rifare”:D ) – 16 agosto 2020

Il giorno dopo io, Sergio e Gero zaino in spalla ci avviamo alla volta di Sclafani Bagni dove avremmo alloggiato pertanto per una sera quello stupendo borgo ha avuto 406 abitanti.

Renato dopo un giro in bici in zona ci raggiungerà in auto la sera a Sclafani. Per fortuna perché essendo di domenica le attività a Sclafani erano chiuse e se non fosse stato per Renato che ha fatto la spesa e per Sergio che ha cucinato un’ottima carbonara saremmo rimasti a digiuno.

Il percorso da Montemaggiore Maggiore a Sclafani attraversa o meglio sarebbe dire oggi, per le ragioni che spiegherò, attraversava il bel bosco e la riserva naturale Bosco di Favara e Bosco Granza per poi ridiscendere a valle ed inerpicarsi, negli ultimi km, fino al borgo.

Per nostra fortuna prima dell’ultima salitona abbiamo trovato una fonte d’acqua perché a causa delle alte temperature avevamo quasi esaurito le scorte.

Rinfrescati abbiamo affrontato l’ultima salita.

A metà circa i miei compagni di viaggio, attrezzati per l’occasione, hanno deviato verso i bagni dove insiste una piccola pozza di acqua sulfurea e lì hanno fatto un bagno rilassante; io ho preferito continuare per arrivare prima delle 13.

La prima sorpresa gradita è stata una fontana con acqua freschissima e con dei pesci che nuotavano tranquillamente.

Sono arrivato a Sclafani Bagni stremato per la difficoltà specie dell’ultimo tratto in salita, i miei compagni di cammino che l’hanno fatta sotto un sole ancora più caldo hanno avuto maggiori difficoltà ma ce l’hanno fatta.

Finite le solite incombenze – doccia, lavaggio dei panni ecc. – ci siamo riposati per alcune ore e poi abbiamo fatto un giro per il paesino: piccolo ma carino e accogliente come la casa di Giusy che ci ha ospitati, piena di libri, sogni, racconti.

La sera dal belvedere del paese sui monti di fronte abbiamo visto del fumo e diversi Canadair all’opera per spegnere un incendio. Per alcuni di noi non riguardava il percorso che abbiamo fatto ma io nutrivo seri dubbi. Il mattino dopo ho saputo che la tappa era stata chiusa per via dell’incendio, una triste e dolorosa notizia per me aggravata dal fatto che praticamente eravamo stati gli ultimi pellegrini ad ammirare quel bosco, speriamo rinasca presto e bene e soprattutto che non sia andato del tutto distrutto, che in parte si sia salvato.

Si concludeva così la prima giornata con un buon piatto di pasta alla carbonara preparata dal sapiente cuoco Sergio.

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VI Sclafani Bagni – Polizzi Generosa – 17 agosto 2020

Mi alzo ancora una volta di buon ora, doccia, colazione – la mia “compagna di viaggio” una bottiglia da mezzo litro che ogni sera riempivo con latte e caffè torna utile, idea venutami dopo aver sofferto l’assenza di colazione nelle scorse tappe – e attesa degli altri.

Finalmente alle 7,30 circa si parte alla volta di Polizzi Generosa.

Lasciamo alle spalle la piccola Sclafani Bagni ed entriamo praticamente subito a Caltavuturo dove incontriamo Renato in giro con la bici.

Facciamo colazione al solito bar e riprendiamo il cammino verso Polizzi Generosa.

Tra i soliti alti e bassi arriviamo in paese all’ora di pranzo anzi invero un po’ dopo. Pranzo con quel che capita, ci rifaremo come al solito a cena.

Nel pomeriggio facciamo un giro in piazza.

Quivi, come spesso mi capita, incontro gente che conosco  e stavolta per fortuna belle persone, gente che apprezzo (un compagno d’università e la famiglia).

La piazza è gremita di gente, qualche giorno prima ci sono stati eventi legati a Dolce, originario di Polizzi e che qui a casa, ci torna spesso.

Mentre passeggiavamo abbiamo avuto un’amara sorpresa: l’elenco delle accoglienze era sbagliato per cui avevamo prenotato, credendo si trovasse a Petralia Sottana, per il giorno dopo nel B&B che praticamente si trova dirimpetto a quello in cui ci trovavamo. La proprietaria dell’altro B&B indispettita ha cercato di farci sborsare una sorta di risarcimento tanto che verso sera mi ha chiesto dei miei compagni di viaggio perché voleva parlare con loro. Ho detto che non c’erano e che l’errore era dovuto ad una indicazione sbagliata nell’elenco delle accoglienze della Via Francigena, elenco che loro hanno ricevuto per tempo e che avrebbero dovuto controllare. In ogni caso chi ha prenotato aveva fatto presente che avevamo bisogno di alloggio a Petralia Sottana, se loro non hanno fatto presente che si trovano invece a Polizzi la colpa non può certo essere del viandante che frequenta quei luoghi per la prima volta.

Restava il fatto che il giorno dopo non avevamo prenotato alloggio. Fortunamente siamo riusciti a risolvere.

Ho anche dovuto comprare una crema perché avevo le gambe arrossate e camminare diventava sempre più difficile e doloroso, non mi succedeva da tempo e perciò non ero preparato. Spiego alla farmacista il problema e mi da una pomata che poi si rivelerà poco efficace visto che ogni giorno i km erano tanti ed io sudo praticamente come una fontana per cui lavavo via la crema immediatamente ed il rossore, e con esso il dolore, si ripresentava ogni giorno.

Dopo una bella dormita in lettino singolo presso bella residenza all’uopo adattata da un ragazzo col quale abbiamo a lungo parlato del suo paesino, il giorno dopo è stata la volta di Petralia Sottana

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VII tappa: Polizzi Generosa – Petralia Sottana – 18 agosto 2020

la mattinata comincia col saluto a Renato che torna al lavoro. Per allegerire lo zaino affido a lui alcune cose che non mi servono.

Solita doppia colazione e si parte, ancora in tre con Sergio che non vuol essere chiamato “capitano” ma che di fatto dirige quella nave con sapienza e maestria che possiedono i vecchi lupi di mare e quella barca originale che va per monti continua il suo viandare serena.

Tra tratti aridi, casine della forestale, luoghi di ristoro per la presenza della preziosa acqua e dopo la solita discesa riprendiamo la breve salita verso Petralia Sottana.

Stavolta si dorme in appartamento, ci sistemiamo in attesa che ci raggiunga Angelo per fare con noi le successive due tappe.

Arriviamo tardino per cui troviamo praticamente tutto chiuso, mi toccherà fare qualche altro km per raggiungere un curioso posto di ristorazione: un forno in cui cucinano praticamente di tutto.

Da lì contatto i miei compagni di viaggio che poco dopo mi raggiungono e mangiamo qualcosa.

Nel tardo pomeriggio arriva in auto Angelo, stavo per chiedere a lui dove potevo trovare una farmacia.

Sistematosi anche Angelo andiamo alla ricerca di un posto per cena.

Troviamo un locale all’interno di un vecchio Castello, almeno così sembra anche dal nome del posto.

Cena con prodotti tipici, sempre abbondante alla faccia della dieta che a quel punto era del tutto saltata vista la situazione. Poco male, tornerò dal cammino comunque sottopeso rispetto alla partenza.

A letto presto e sveglia, per me, all’alba, si parte per Gangi, secondo borgo dei borghi dopo Polizzi Generosa.

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VIII tappa: Petralia Sottana – Gangi – 19 agosto 2020

Sono al quarto giorno di cammino, equiparo il mio record personale di giorni di fila a camminare ed entro in modalità viandante (non essendo credente difficilmente mi definisco pellegrino).

La tappa per Gangi è una delle più difficili almeno per me.

Appena lasciati Petralia Sottana scopriamo l’Etna che ci accompagnerà fino alla fine della nostra avventura.

Dopo aver attraversato qualche sentiero dove la vegetazione era stata rasa al suolo da un incendio scoppiato qualche giorno prima e dopo aver visto financo animali completamente bruciati; entriamo subito a Petralia Soprana, borgo stupendo pieno di viottoli così stretti che a malapena si attraversano a piedi.

Facciamo la solita colazione al bar e ci avviamo.

Tra lo stupore di Angelo, gente che prepara le conserve ed i soliti immancabili dislivelli che tolgono il fiato una volta per le difficoltà in discesa l’altra per la fatica in salita ma ancor più per i panorami di cui si gode in cima, fra sterrati e arrivo sull’asfalto sotto il sole cocente del 19 di agosto (anno del Signore, sempre che se l’accolli, 2020), giungiamo a vedere e poi raggiungere Gangi arroccato sulla sua collinetta.

Ai piedi dell’ultima salita un gentile e simpatico vecchietto ci invita ad entrare nel suo terreno, cala un secchiello di metallo in un pozzo stretto, tira su e ci passa dei bicchieri di plastica che riempiamo di acqua buonissima e fresca direttamente dal secchiello.

Scambiamo quattro chiacchiere col simpatico vecchietto che ci fa vedere l’esterno della sua casa di campagna e dopo un po’ procediamo.

L’ospitalità prenotata ci aspetta in alto, e arriviamo ben oltre l’ora di pranzo.

Solita doccia, sistemazione e poi giro in centro, un posto ordinato e a misura di essere umano da un lato frutto e dall’altro causa dell’essere stato borgo dei borghi.

Anche qui incontro due persone che conosco entrambe di Racalmuto che fra di loro non si conoscono tanto che si ignorano ma non perdono l’occasione, in momenti differenti, di salutarmi; la solita storia: conosco troppa gente :)

Visitiamo anche il museo delle armi, incontriamo un costruttore di tamburi e tamburelli che ci fa ascoltare il suono originale di un tamburello gigante e dopo aver cenato nel solito locale stravagante e originale, stavolta un bar adibito a pizzeria/ristorante segno che tutto può mancare in Sicilia tranne la fantasia e l’originalità spesso legata ad un senso forte e vero di accoglienza; torniamo al B&B e si va a dormire ancora presto per alzarmi, almeno io, prestissimo, cioè verso le 5.00.

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IX tappa: Gangi – Nicosia – 20 agosto 2020

una delle tappe più belle. Appena usciti già troviamo curiosi ammassi di oggetti inanimati che avranno avuto un loro scopo, ci colpisce soprattutto un orsetto di peluche che sicuramente avrà fatto compagnia a qualche bimba/o.

Procediamo oltre e per fortuna in cima alla solita e faticosa salita troviamo una bella fonte d’acqua fresca – le scorte non ci mancano ma trovarne è sempre un piacere – ove ci soffermiamo qualche minuto.

Stavolta all’ora di pranzo non eravamo a destinazione perché lungo la tratta troviamo Sperlinga col suo bello e favoloso castello.

Ci fermiamo al bar in attesa di decidere il da farsi.

Siccome il mondo è stranamente piccolo il caro Angelo incontra una coppia di suoi conoscenti. Si chiacchiera, si comprano i biglietti per il castello e si va in visita.

Bellissimo, ben tenuto, enorme e con panorami mazzofiato; questo, volendo sintetizzare, il castello di Sperlinga: un luogo da visitare anche per turisti non – strani come noi.

Ripartiamo nel primo pomeriggio, ci mancano circa 7 km alla meta.

Arriviamo intorno alle 17 e si va alla ricerca del convento dove alloggiare. Sergio ci informa che avremmo dormito dai francescani al che ci prepariamo ad un alloggio povero ma nello spirito dei viandanti siamo pronti ad adattarci.

Il frate (non ho capito se è anche un prete) sta celebrando messa quando arriviamo, sfiniti, sul posto.

Finita la messa (che solo Sergio segue almeno nella sua ultima parte) frate Biagio ci porta al nostro alloggio e qui la sorpresa: una struttura nuovissima e ben arredata, direi un albergo a tre stelle almeno. Per dare un’idea dirò che ho avuto difficoltà anche a fare la doccia: è con l’idromassaggio; ho dovuto rileggere due volte le istruzioni.

Letti comodissimi in stanze pulite e ben arredate.

La sera si va a cena e si beve una birra locale ma dobbiamo rientrare presto perché il frate ci aspetta per aprirci; alle 22 neanche siamo a letto.

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X tappa: Nicosia – Troina – 21 agosto 2020

Si riparte come sempre intorno alle 7 lasciandoci alle spalle Nicosia il paese che ha dato i natali a San Felice (già il nome mette allegria) un pellegrino come noi.

Angelo ci lascia per rientrare e quindi continuiamo in tre: Sergio, Gero e io.

Il sole fa sentire già nelle prime ore tutto il suo calore e già a metà percorso capisco che non sarei riuscito a completare la tappa a piedi.

Dopo la prima lunga e interminabile comincio ad avere problemi. Avviso Sergio e Gero che non mi sento bene.

Attraversiamo un fiume asciutto e troviamo quasi miracolosamente il percorso.

La salita è lunga ed io stento nel procedere tanto che rallento molto gli altri. Decido così di cercare un passaggio perché rischiavo di svenire.

In quel posto desolato e quasi abbandonato da ogni essere vedo arrivare alle mie spalle una jeep. Chiedo un passaggio ed il ragazzo alla guida mi dice che potrà trasportarmi solo per qualche km, mi accontento almeno evito una parte della salita.

Chiedo all’autista se può darmi dell’acqua, mi dice che ne ha solo di calda e prendo così la bottiglia che trovo ai miei piedi.

Mi lascia ad un incrocio con asfalto e aspetto i miei compagni di viaggio che nel frattempo avevano proceduto e mi raggiungono poco dopo.

Dividiamo la bottiglia d’acqua invero abbastanza fresca e mangiamo qualcosa anche per alleggerire lo zaino. Riprendiamo ma non mi sento affatto bene, trovo un altro passaggio stavolta su un trattore enorme condotto da un vecchietto simpatico, c’è pure l’aria condizionata.

Aspetto nuovamente i miei compagni di cammino, ci fermiamo per il troppo caldo all’ombra di un pino e chiediamo dell’acqua, ci danno una bottiglia di appena un litro, asserendo, sfacciatamente che ci bastava (prova che non tutti in Sicilia sono della stessa pasta, qualcuno meno accogliente si trova ma per fortuna è l’eccezione che conferma la regola).

Comunico ai miei compagni che non mi sento affatto bene e mi rimetto a chiedere passaggi. Mi tira a bordo un signore che mi accompagna direttamente all’accoglienza.

Chiamo la signora che gestisce il B&B, mi apre, mi mostra le stanze e poi va via.

Faccio una doccia e aspetto i miei compagni di viaggio.

Nel pomeriggio vado in farmacia, che avevo chiamato il giorno prima, per prendere un nuovo barattolo di crema per il rossore.

Troina è stata una delle prime zone rosse in Sicilia all’inizio di quella maledetta pandemia dovuta al covid – 19 e nella gente si avverte una certa diffidenza che ben comprendiamo.

Abbiamo una leggera questione con la signora per via del fatto che avevamo prenotato più letti, lascio risolvere a Sergio che come sempre se la cava egregiamente.

Solito giro per qualche via del paesino, bellissimi i paesaggi intorno ma poi si torna a dormire, anche il giorno dopo si cammina.

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XI tappa: Troina – Cesarò – 22 agosto 2020

Lasciamo l’accoglienza, un posto carino e ben arredato all’ingresso del quale troviamo antichi attrezzi per lavorare la terra e raccoglierne i frutti.

Non sono al massimo della forma ma non sto male come il giorno prima.

Alla fine della prima discesa troviamo un ponte Normanno, uno strano ponte che va prima in salita e poi in ripida discesa.

Attraversiamo il fiume quasi in secca e riprendiamo per l’ennesima salita, il sole comincia ad essere poco tollerabile ma ad agosto in Sicilia ci sta anche se speravo che nella seconda metà del mese avremmo trovato temperature più miti.

Km su km arriviamo ai piedi di Cesarò ed io sono sfinito.

Prima dell’ultima salita troviamo strani segnali di presenza umana: una roccia con un murales, un mosaico con la rosa dei venti. Poco più avanti troviamo un agriturismo, apro un cancelletto ed entro, trovo una sedia abbandonata e mi riposo un po’ all’ombra. I miei compagni di viaggio mi raggiungono e trovando aperto chiedono permesso.

Qui si appalesa una signora che appare dal nulla come una fata: Giselle.

Ci invita ad entrare, ci offre acqua fresca, un caffè ed una torta. Lei vive praticamente nell’agriturismo col suo compagno, si dedica alla pittura e ci mostra alcune sue belle opere e alla poesia; ci regala dei segnalibri con una sua poesia (lo custodisco gelosamente), ci dice che partecipa attivamente al progetto della Via Francigena, abbiamo conoscenze in comune: Davide Comunale, Irene Marraffa e Salvatore Balsamo, chi conosce i cammini in Sicilia sa di chi parlo: promotori e ideatori di questo come di altri cammini insieme a tanta altra gente che, anche grazie alla passione che loro mettono, si è fatta coinvolgere.

Lasciamo l’agriturismo complimentandoci più volte con Giselle che ci augura buon cammino.

Altri tre km in salita, su sterrato e fuori dal mondo, arrivo a Cesarò come sempre per ultimo.

Alloggiamo alla periferia del paese in un albergo con annesso ristorante – pizzeria.

Poche ore dopo ci raggiunge Vincenzo che farà con noi le ultime tre tappe.

Ceniamo a base di maialino nero dei Nebrodi e poi si va a dormire tutti nella stessa stanza: due nel letto matrimoniale e due nel letto a castello. Per fortuna siamo in quota e la notte non fa troppo caldo.

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XII tappa: Cesarò – Randazzo – 23 agosto 2020

Si parte con una leggera salita, si scollina Cesarò dopo la visita ai ruderi del castello e poi via in discesa.

Tappa non semplice sia per il caldo che per le salite, le discese e la distanza.

Si incontra di tutto in questa prima tappa in compagnia di Vincenzo, nostro nuovo compagno di viaggio, dalla famiglia di pony al cimitero inglese dei Nelson (padroni della contea di Bronte) a Maniace, nel cui santuario si trova il punto di arrivo di altra Via Francigena di Sicilia: la Fabaria, ancora in fase di completamento.

Ristoro al bar e poi si procede.

Anche oggi ho serie difficoltà per chi appena incrociamo una Statale a circa 4 km da Randazzo comunico ai miei compagni di viaggio che io mollo, chiederò un passaggio.

Dopo aver atteso invano sul ciglio della strada mi metto lentamente in cammino, dopo vari tentativi da autostoppista, si ferma un signore che mi offre un passaggio sulla sua auto, un operaio che tra l’altro ha fretta perché in ritardo per tornare al lavoro; mi lascia all’entrata di Randazzo.

La prima cosa che noto è il materiale usato per le costruzioni: la gran parte sono in pietra lavica, qui ai piedi dell’Etna è più che normale.

Contatto il frate che ci aspetta all’accoglienza – oggi dormiremo dai Salesiani – il quale mi indica la strada da fare.

Arrivo al convento ed il frate mi accompagna in una di quelle stanzone col tetto altissimo.

Decido di fare la doccia e iniziano i problemi e le incomprensioni: il telo per asciugarmi non lo trovo e chiamo il frate il quale arriva trafelato e mi trova, quasi fosse una grossa cortesia, i teli.

Faccio per entrare nella doccia e non trovo il bagnoschiuma, richiamo il frate il quale seccato mi dice che il telo e il bagnoschiuma dovevamo portarcelo noi (preciso che non si tratta proprio di accoglienza povera e/o a donativo visto che ci chiedono 20€ a testa, con la stessa cifra dai francescani abbiamo avuto la doccia con l’idromassaggio). Comunque il frate si lamenta un po’ e mi porta un boccione di bagnoschiuma ed una spugna sporca che mi dice di usare per lavarmi, io schifato la metto sul lavantino.

Faccio la doccia, lavo i panni e scendo ad aprire ai miei compagni di viaggio che nel frattempo, abbastanza stanchi sono arrivati.

Racconto l’accaduto e sulla spugna sono del mio stesso avviso: che cavolo ci facciamo!? Anche loro la lasciano sul lavantino in bagno.

Ci sistemiamo, ci riposiamo tutto il pomeriggio e poi decidiamo di andare alla ricerca di un posto dove cenare.

Troviamo una sorta di negozietto di generi alimentari con dei tavoli dove fanno ristorazione.

Nel menù troviamo “tagliere di salumi e formaggi”, ne prendiamo per quattro e poi chiediamo al cameriere di aggiungere anche dei primi e dei secondi; lì una piacevole sorpresa: il cameriere ci stoppa e ci invita a consumare prima il tagliere di salumi e poi casomai poi ordinare altro; accettiamo il consiglio, scopriamo subito che aveva ragione lui: l’abbondanza e la bontà dei prodotti è tale che ci saziamo.

Non dirò delle discussioni al tavolo anche perché me ne sono tenuto fuori ed insieme a Sergio abbiamo continuato a mangiare.

Alla fine in tre abbiamo preso anche un piatto di pasta. Non dimenticherò mai il nome di questo locale: il brillo parlante!

Sazi siamo tornati al convento, dormita come dei ghiri ed il giorno dopo si lascia Randazzo alla volta di Floresta, il comune più in alto in Sicilia: oltre 1200 m slm.

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XIII tappa: Randazzo – Floresta – 24 agosto 2020

Ovviamente la tappa è tutta in salita ma è anche una delle più belle: immersi nel verde e nella natura.

Scopriamo anche la sorgente del fiume Alcantara, famoso perché nei territori di  Castiglione di Sicilia e Motta Camastra crea delle belle gole e cascate; parte tutto da un sorta di piscina creata anche a causa di alcuni muri in cemento armato.

Alla fine della ennesima lunga salita arriviamo a Floresta dove ad attenderci c’è Sebastiano, un signore che vive nel B&B.

Ci offre del buon vino casereccio e ci parla praticamente di tutto: da cenni sul paese, agli allevamenti di maialino nero dei Nebrodi allo stato brado, alla produzione casearia, ai ristoranti.

Fatta la doccia alcuni di noi sono andati a prendere dei buoni panini con salumi e formaggi, ancora una volta Sebastiano ci offre del vino. Ho assaggiato il vino, davvero buono, qualcuno di noi ne ha abusato fin quasi ad ubriacarsi.

Floresta è un posto surreale: ad agosto la nebbia di montagna ci ha avvolti per tutto il pomeriggio; dopo riposino si esce.

Passeggiata in questo borgo di 500 abitanti, ad un certo punto una leggera e piacevole pioggerellina ci ha colti praticamente dall’altro lato del centro abitato, che si percorre a piedi e lentamente in 15 minuti.

Cominciamo a cercare un locale per la cena ma troviamo tutto chiuso.

Vincenzo chiama un locale che però lo informa che si trovano fuori paese a circa 2 km; neanche il tempo di chiudere la telefonata per consultarsi con noi e mentre ci stava raccondanto che lungo il cammino di Santiago alcuni ristoranti andavano a prendere i pellegrini e lo richiamano dal locale informandolo che se volevamo il cameriere ci veniva a prendere al B&B e ci riaccompagnava dopo cena. Vincenzo non ha esitato più di tanto ad accettare l’offerta e dopo qualche minuto arriva un ragazzo in auto che ci porta al locale.

Menù scarno con poca scelta, in compenso il solito maialino nero dei Nebrodi è buonissimo sia che lo si mangi come ragù che come salame o bistecche.

Rientrati riaccompagnati dal cameriere, andiamo a dormire: l’ultima notte in cammino in un posto favoloso, non dormivo così bene in cammino dalla notte passata all’eremo di San Felice l’anno prima.

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XIV tappa: Floresta – Montalbano Elicona – 25 agosto 2020

Sebastiano, personaggio che ricorderò sempre con affetto e stima, ci dà dei consigli per evitare un paio di inutili discese e salite assicurandoci che presto il percorso della Via Francigena in quel punto verrà variato perché non ha senso scendere a valle e poi risalire.

Sergio si informa sulle roccie di Argimuffo (posto che dovevamo vedere l’anno scorso durante una escursione proprio a Floresta quando invece siamo andati a vedere le fantastiche cascate Catafurco, 27 km sono stati tanti ma ne è valsa la pena) ma alla fine non le troviamo.

Dopo un piccolo tratto in salita affrontiamo una difficile discesa verso Moltalbano Elicona.

Km e km di strada fra pietre dove ad ogni passo si rischiava di cadere, attraversiamo un boschetto di nocciole, ne mangio in quantità industriale e alla fine intravediamo Moltalbano, in alto mentre noi scendevamo, la solita storia: arriviamo in basso per poi farci gli ultimi km in rapida salita.

Incontriamo dei viandanti coi cavalli.

Arriviamo al fiume Elicona. Dopo quella faticosa discesa ero preoccupato perché temevo di non riuscire a fare la salita ma con somma sorpresa la salita in mezzo al verde e con un comodo fondo stradale è stata infinitamente meno faticosa della discesa.

I miei compagni di viaggio procedono spediti, io decido di godermi da solo quest’ultima tappa.

Arrivo infatti a Montalbano Elicona e nei pressi del castello che già solo da fuori sembra immenso ma che non visiteremo per questioni di tempistica, incontro dei turisti che trovano curioso il mio andare ballando dicendo “ce l’ho fatta”, uno credo che mi abbia pure fotografato (certo non deve essere facile incontrare un viandante come me: nelle ultime tappe ho sostituito il cappello con la solita bandana rossa e ora so che non la lascerò mai più).

Raggiungo i miei compagni di viaggio in centro, pranziamo, Gero si offre per andare a chiedere il timbro sulle credenziali in chiesa ma torna sconfitto: il prete lo ha preso per matto.

Entro in comune ed un vigile urbano dopo avermi intimato di stare a distanza con la mascherina mi dice di rivolgermi all’ufficio turistico. Esco ma non trovo l’ufficio, incontro un altro vigile che mi dice che l’ufficio è chiuso ma gentilmente mi invita a seguirlo e mette lui il timbro su tutte le credenziali, alla presenza stupita del suo collega che ancora credo non abbia capito di cosa si trattasse.

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Vincenzo aveva prenotato un transfer per riportarci a Cesarò dove aveva lasciato l’auto: il cammino è finito. Decidiamo di fare una piccola deviazione a Floresta dove compro dei salami di maialino nero dei Nebrodi e delle caciotte di provola tipica del posto.

Il tipo del transfer ci riporta all’auto, ci mettiamo in viaggio con Vincenzo alla guida e come sempre Sergio a fare da navigatore. Il rientro non è breve anche per via delle condizioni delle strada, credo che alla fine camminare per sentieri sia meglio che affrontare un viaggio in auto.

Arriviamo a Racalmuto dove troviamo ad attenderci Renato che è venuto a riprendere Sergio e Gero mentre Vincenzo rientrerà nella sua Campofranco.

Con Sergio e Gero ci ritroveremo a cena qualche tempo dopo da Renato.

Che dire?

Un viaggio faticoso ma che mi ha riportato all’origine di questa mia voglia di camminare: superare i miei limiti ma sempre con l’accortezza di non farmi male.

Le prime quattro tappe in solitaria non sono state un’esperienza tanto bella. I posti meritano ma io non ero nelle condizioni psicofisiche per goderne appieno.

Il cammino con Gero e Sergio mi ha fatto scoprire altri limiti e contestualmente il modo per superarli: condividere tutto con persone estranee alla mia cerchia familiare non è facile, ciascuno di noi ha un proprio modo di affrontare la vita.

Devo però riconoscere che i miei due compagni di viaggio mi hanno dato bellissime lezioni di vita anche quando vedevamo le cose da punti di vista differenti come il Cristo di Cesarò che per alcuni era alto meno di due metri mentre altri, correttamente, ne hanno sostenuto un’altezza superiore ai quattro metri. Invero supera i 5 metri di altezza, certo le cose a distanza sembrano più piccole.

Tanti km, tanta fatica, tanta bellezza, tanta condivisione, tante divergenze ma tantissimo rispetto reciproco.

Ho scoperto una Sicilia meravigliosa, anzi a dire il vero lo sapevo già, ne ho solo scoperto un’ulteriore parte.

Ed ho trovato – non me ne voglia Renato ma purtroppo non ha potuto fare con noi questa esperienza – anche due nuovi fratelli: Sergio, il capitano, una persona stupenda, unica, un maestro in tutto e Gero, uno caparbio (a dire il vero lo apprezzo anche per questo) e col quale litigherò ancora, lo so ma gli voglio bene e me ne vuole anche lui.

Dedico questo cammino alle tante persone che ho portato nella tasca superiore del mio zaino e nel mio cuore:

la mia famiglia, tutta che di suo è numerosa: mia mamma, i miei fratelli e sorelle Francesco, Salvatore, Eduardo (che non credeva avrei resistito più di quattro giorni in cammino, anche questa è una scommessa vinta), Antonella e Maria Letizia; le cognate Anna e Laura, i cognati Vincenzo e Francesco, la fila di nipoti: Giuseppe, Luca, le due Sara, Enrico, Elena, Giorgio, Emanuele e Gabriele. Naturalmente il mio papà, Giuseppe, che in qualsiasi posto si trova viaggia e viaggerà sempre accanto a me, un giorno ne rideremo insieme;

i miei ex compagni del liceo che ho ritrovato e che sono ormai dei familiari: Marilena, Alessandra, Angela, Rossella, Pamela, Tiziana S., Tiziana P., Alfonso e Fabrizio ma anche tutti gli altri coi quali non ci incontriamo spesso;

Vincent Rolant Simone, un gigante buono col quale ci siamo capiti solo tramite i passi e le poche parole che lui riusciva a pronunciare in un siculo – americano originale;

Avrei tante altre persone da ricordare ma a volte custodire i ricordi nel cuore li rende preziosi.

Il cammino è una strana creatura: ti prende il corpo, l’anima e la mente; la Sicilia, una terra unica che ti attraversa per giungere al tuo cuore e piazzarsi li con la sua voglia infinita di essere scoperta e riscoperta.

non vedo l’ora di ripartire …

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... e così l’ho fatto, sono ripartito, un anno dopo o quasi: il 21 agosto 2021.

Stavolta senza i soliti compagni di viaggio che per quest’anno hanno preferito una diversa meta: la Rota Vicentina in Portogallo, loro sono rientrati e pochi giorni dopo io sono partito.

Ho preferito non andare con loro, mi sono ripromesso di completare prima i cammini in Sicilia, la mia terra, e poi andare altrove. Loro hanno capito e spero apprezzato la mia scelta, io la loro l’ho apprezzata.

Montalbano Elicona non è facile da raggiungere coi mezzi pubblici, e non lo è stato.

Da lì avrei preso il cammino con Chiara (che conosco perché responsabile di un comitato MVF) ed una sua amica, Stefania, poi rivelatasi ottima compagna di cammino. Solo che il loro arrivo a Montalbano è stato domenica 22 agosto e di domenica non ci sono mezzi pubblici che raggiungano quel paesino già borgo dei borghi.

Così decido di anticipare di un giorno e parto sabato 21 con l’intenzione di godermi il borgo l’intera domenica. Nelle mie previsioni il viaggio doveva essere: Racalmuto/Palermo in pullman, Palermo/Patti in treno con cambio per Furnari da dove avrei preso il pullman per Montalbano Elicona. Un’errata informazione sul sito della compagnia per Palermo ha fatto saltare tutto perché anziché alle 9.35 siamo arrivati alle 10.15 e così ho riprogrammato tutto in viaggio. Ho preso un treno per Messina e son sceso alla stazione di Falcone da dove il tizio che avevo chiamato per ospitarmi è venuto a prendermi.

Invece di alloggiare da lui, però, durante il viaggio in auto mi informa che mi ha trovato una piccola casetta quasi in periferia. Mi ci porta in auto. La casa è di quelle vecchie con scala sospesa in legno per salire al primo e bagno in una specie di magazzino; al primo piano camera da letto con letto matrimoniale e poi una scaletta ripida e stretta porta alla cucina al secondo piano. Una coppia mi da la chiave anzi il chiavistello e mi fa vedere la casa. Il vecchietto mi informa che il galleggiante della cisterna sul tetto è rotto per cui il giorno dopo avrei dovuto chiudere la saracinesca per evitare che fuoriuscisse l’acqua corrente.

Prendo posto e salgo verso la piazza quasi perdendomi tra i vicoli e segnandomi ogni incrocio per il rientro.

In piazza c’è la festa del paese e le luminarie adornano la chiesa e tutta la piazza.

Cerco un posto in cui mangiare e alla fine ceno nello stesso locale in cui abbiamo pranzato all’arrivo l’anno scorso.

Dopo cena incontro un folto gruppo di camminatori in rientro dalle rocce dell’Argimusco, tra loro una pellegrina che ho incontrato lungo la MVF non più di una settimana fa, anche lei mi riconosce.

Questi improvvisano balli e canti in piazza animandola un tantino, si mettono a giocare con dei bambini del posto improvvisando salti su un bastoncino con molla.

Rientro in casa ed essendo senza tv passo un po’ di tempo al telefono e poi mi metto a dormire. Il mattino dopo l’acqua che fuoriesce dalla cisterna mi sveglia alle 6 e vado a chiudere la saracinesca solo che lo faccio in modo sbagliato e resto senz’acqua. Pur essendo domenica il vecchietto proprietario della casa alle 8 è già dai vicini per vedere come sistemare la vasca. Gli chiedo com’è che l’acqua nei rubinetti non va, sale in cucina e roteando la maniglia riesce sia ad evitare che l’acqua fuoriesca dalla cisterna, sia a far venire giù l’acqua nei rubinetti; in Sicilia nel 2021 succede anche questo: dovere istruirsi per avere l’acqua in casa.

Passo la mattinata in giro visitando il castello, le chiese e praticamente mezzo paese, il pomeriggio buona parte lo passo  a riposarmi e la sera incontro Chiara e Stefania insieme ad una coppia di pellegrini, lei originaria di Novara di Sicilia, lui del nord. Stavano facendo tre tappe ed il giorno dopo si sarebbero fermati a Novara.

Ceno con loro sempre nello stesso locale (dove peraltro avevo anche pranzato perché negli altri non ho trovato posto, il paese è stato invaso dai turisti e dagli emigrati rientrati per la festa che si è svolta in forma ridotta anzi ridottissima per via del covid ma alla quale la gente del posto comunque tiene, com’è nelle migliori tradizioni di Sicilia).

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XV tappa: Montalbano Elicona – Novara di Sicilia – 23 agosto 2021

Sveglia all’alba ai bordi del borgo, sistemo lo zaino, controllo di non avere dimenticato nulla e si parte. Sosta in piazza alle 6 del mattino, cosa ci facciano una ragazza ed un ragazzo a quest’ora non è dato sapere.

Contatto Chiara per sapere a che punto sono e siccome ne hanno un’altra mezz’ora decido di partire, rotta le rocce dell’Argimusco.

Dopo circa 4 km devio dal percorso verso Novara e mi dirigo a quel luogo che dicono mistico.

Poco più di un km e mezzo arrivo ma non trovo l’entrata, torno indietro di qualche centinaio di metri, incontro un auto e mi dicono che l’entrata è praticamente due metri più avanti da dove ero arrivato; rifaccio la salita e trovo l’entrata. Giro per il posto praticamente deserto, abitato solo da qualche mucca, scatto delle foto e riprendo a scendere, la tappa adesso è completamente in discesa.

In lontananza vedo altri visitatori del posto che tanto mistico, a dire il vero, non mi sembra; nota positiva: la presenza di tre cavalli, quasi quasi ne approfitto, la voglia di continuare la tappa a cavallo non sarebbe male ;).

Il giro mi è costato 5 km e la tappa di per se ne conta 25.

Fra zone d’ombra e tratti assolati, faccio una scorpacciata di more selvatiche fino quasi al mal di pancia finché dai tornanti di una discesa non intravedo due pellegrini: sono l’altra Chiara, la ragazza di Novara di Sicilia e il suo compagno Pierre; allungo il passo e li raggiungo continuando con loro buona parte della tappa.

Arrivati nel punto più in basso prima di riprendere la salita dell’arrivo (hai visto mai un arrivo (escluso il fine percorso in questo caso) si trovi in discesa!?) qualche metro dopo incontriamo Chiara e Stefania sdraiate all’ombra vicino al ruscello per la loro lunga pausa.

Chiara e Pierre riprendono, poco dopo li seguo e a ruota arrivano anche Chiara e Stefania. Coi primi due ad un certo punto decidiamo di lasciare il percorso che ci sembra rovinato da una recente frana e proseguiamo lungo la strada asfaltata; Chiara e Stefania tendano il percorso originale.

Arrivati alla frazione di San Basilio troviamo una provvidenziale fonte d’acqua, io, Chiara e Stefania decidiamo di fare una lunga pausa, gli altri due proseguono verso la meta sotto il sole caldo dell’ora di punta.

Occupiamo le panchine e per questo due signore nel primo pomeriggio decidono di accomodarsi su un rimorchio da trattore facendoci sentire il loro risentimento; io e Stefania le ignoriamo.

Ritemprati riprendiamo la salita verso Novara di Sicilia.

Giunti alla periferia del paese chiamo il prete che doveva darmi alloggio e questi mi informa che loro sono a San Basilio. Si offre di farmi venire a prendere, temporeggio e gli dico che l’avrei richiamato. Chiedo a Chiara se può informarsi se nel posto dove alloggiano c’è un letto anche per me e visto che lo si è trovato comunico via whatsapp al prete che avevo deciso di restare a Novara (non fosse altro per non cenare da solo, mi mette tanta tristezza).

Solita doccia, lavaggio biancheria e riposino.

Dal balcone si vedono le luminarie davvero belle e imponenti montate sul ponte di ingresso al paesino.

Essendo digiuno scendo a mangiare qualcosa come merenda e finisco per prendere un panino davvero imponente con roba locale.

In serata prima giro con Chiara e Stefania per vedere quantomeno le luminarie  – anche qui c’è festa e dalle parole dell’altra Chiara mi sembra di intuire che ci sia una certa rivalità con Montalbano, effettivamente le luminarie a Novara sono più imponenti e belle – poi, dopo esserci separati, ci ritroviamo al bar con Chiara e Pierre per un saluto, loro hanno finito.

Si va a cenare al ristorante “il castello” dove a fine cena incontriamo due dei tre pellegrini che già a primo acchito non mi stanno simpatici, ma tant’è!

Rientriamo e a nanna.

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XVI tappa: Novara di Sicilia – Castroreale – 24 agosto 2021

tappa quasi tutta in discesa.

Parto come sempre da solo, il primo tratto è in ripida discesa, non troppo agevole e reso più problematico dalla recente frana.

Si arriva al fiume e da qui inizia l’interminabile monotona discesa lungo il suo letto.

Ad un certo punto il piccolo corso d’acqua scompare, riapparirà vicino ad una costruzione in cemento armato più a valle per poi sparire definitivamente verso la campagna ad irrogare, probabilmente, i diversi vivai.

Notiamo, con rammarico e rabbia, che l’inciviltà si presenta anche da queste parti: qualcuno ha buttato diversi alberelli secchi nei loro vasi o meglio nei sacchetti di plastica nera.

L’ex corso d’acqua appare molto strano, di una ampiezza esagerata rispetto a quella che potrebbe essere la portata di un normale fiume in Sicilia, scopro poi attraverso Chiara che l’ha saputo da Davide che i letti dei fiumi sono stati ampliati dalla mano dell’uomo per meglio attingere l’acqua, lo trovo strano ma questo sembra essere il motivo di un greto ampio praticamente quando il Po.

Delle vesciche ai piedi mi rallentano a tal punto che prima della metà del percorso mi raggiungono Chiara e Stefania e con loro continuo la tappa sperando di non rallentarle.

Alla fine del fiume non troviamo l’uscita. Invero avevo avvistato una scalinata in ferro ma Chiara mi ha convinto che non poteva essere l’uscita, ci sbagliavamo entrambi.

Grazie allo spirito di avventura di Chiara riusciamo a lasciare il fiume e trovare la via per il paese, siamo a Mazzarrà Sant’Andrea dove ci fermiamo ad un bar per ristorarci e riposarci.

qui scopro che davvero le granite di Messina e del messinese sono totalmente diverse dalle nostre e buonissime; devo darne atto: Davide ha ragione stavolta.

Durante la sosta ci raggiungono anche gli altri tre pellegrini.

Riprendiamo il percorso praticamente alle 13, ora di temperature al massimo e lo sono davvero – ci saranno intorno ai 35° – in questa assolata estate.

Durante le salite appena fuori Mazzarrà ci raggiungono i tre pellegrini che sono davvero veloci.

Alla fine della salita incontriamo un altro piccolo agglomerato di casa, neanche un borgo.

Ci fermiamo per una sosta e poco dopo riprendiamo a scendere, passiamo il fiume a arriviamo a Caruso. Qui chiamo l’accoglienza e sapendo che Chiara aveva prenotato nello stesso posto informo che stavamo arrivando. Il gestore del B&B mi dice che ha solo la mia prenotazione, non sa nulla delle ragazze, metto in viva voce e faccio segno a Chiara di avvicinarsi. Quello dice che probabilmente le ragazze hanno prenotato altrove ma Chiara ribadisce che ha prenotato, con largo anticipo, da lui. Taglio corto e chiedo se ci ha possibilità di ospitare anche le altre due pellegrine, mi dice che gli serve un’oretta per sistemare la stanza e così ricambio la cortesia del giorno prima rimediando ad un’inconveniente.

Discutendo con Chiara e Stefania giungiamo alla conclusione che avendo chiamato per prenotare a metà luglio il gestore avrà capito 24 luglio e non 24 agosto, poco importa visto che avevamo risolto.

In salita Chiara e Stefania mi staccano ancora.

Durante una delle discese Stefania invoca un bus e voilà poco dopo passa l’unico che percorre la tratta per Novara di Sicilia, scoppiamo a ridere e quello sarà il tema per tutto il percorso: gli autobus di Stefania!

Loro arrivano prima di me e si sistemano, le raggiungo verso le 17. Solita doccia, favolosa nel caso addirittura con idromassaggio, e lavaggio panni che stendo in improvvisati asciugabiancheria in bagno.

Chiedo se danno un’occhiata alle mie vesciche e Stefania me ne elimina una sotto il piede sinistro e riduce di molto quella sul tallone, il tutto fra le grida di dolore di Chiara che assiste e si mette pure a piangere neanche operasse su di lei. Mi disinfettano tutto bene e mettono della tintura di iodio che asciugherà presto la ferita sotto il piede. Decido di lasciare com’è la vescica mista a durone sul tallone destro (alla fine la scelta si rivelerà buona, non più di farla togliere ma non ha dato molto fastidio perché è prevalso il durone)

In serata giro per il paese e poi alla ricerca di un locale per la cena. Finiamo per cenare con gli altri tre pellegrini. Durante la cena si aggiunge a noi un ragazzo del posto che segue su instagram i tre pellegrini i quali pubblicano col nome di “Nasty Pilgrims” (scopro adesso – 01/09/2021 – che hanno addirittura una pagina su fb e si spacciano per “organizzatori di viaggi”). Il ragazzo è logorroico, ci parla di tutto compreso del fatto che ha imparato a cucire con la macchina di sua mamma in 45 minuti e si è realizzato da solo lo zaino per il suo prossimo primo cammino lungo la MVF.

Verso le 23.00 io e Stefania decidiamo di rientrare lasciando Chiara in compagnia (per me e probabilmente anche per Stefania non ottima).

Il mattino dopo colazione alle 6.00 inclusa nel costo del B&B (il gestore è ben organizzato e molto puntuale).

Scendo all’ingresso per saldare il conto col gestore e scambiamo quattro chiacchiere. Mi regala anche una conchiglia che aveva acquistato per donarla ai pellegrini ma che, probabilmente giustamente, Davide gli aveva detto di tenere per sé perché rappresenta il cammino di Santiago de Compostela.

Quando scendono le ragazze sottovoce dico a Chiara della conchiglia, lei ne chiede una al gestore ma quello si rifiuta. A me l’ha donata perché gli avevo detto di essere il responsabile del comitato di Racalmuto della MVF.

        

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XVII tappa: Castroreale – Santa Lucia del Mela – 25 agosto 2021

Si parte insieme stavolta e si arriverà insieme, la tappa è breve e al tempo stesso interessante come tutte le altre.

Si parte in discesa, allungano il passo e mi lasciano dietro ma si fermano alla grotta di Santa Venera e riprendiamo un po’ di salita insieme. Poco dopo incontriamo una cavalla lasciata sotto il sole, è magra poverina e non ha acqua se non quella che gocciola da un contatore dentro un blocco di cemento sul quale mi ero seduto. La cavalla mi convince, coi suoi occhi pietosi, a spostarmi.

Si cammina in salita, poi in pianura per incontrare una frazione dal nome singolare e che ci offre una bella sorpresa: San Paolo Cannistrà suddivisa invero il San Paolo, San Paolo Cannistrà e Cannistra; pieno di bei murales. Altra sorpresa: la gente ci saluta allegramente accogliendoci fraternamente.

Incontriamo la signora Maria che prima ci dice che ci segue poi si corregge, segue i nasty pilgrims; il figlio li ospiterà per pranzo.

Proseguiamo verso la meta in discesa fino ad arrivare ad un posto dal nome singolare e lucubre: Femminamorta.

Ed invece troviamo quella che rigeneratrice di vita: acqua, una fontanella di acqua fresca all’ombra. Ci sediamo sulle panchine prima di completare la tappa; qualche battutina, l’incontro con una anziana signora. Arriva poi un bambino con la mamma, vengono dal mare. Realizzo per il bimbo un origamo, la solita ranocchia che stupisce tutti.

Riprendo il cammino sotto il sole cocente e arrivo a Santa Lucia del Mela mentre le ragazze si fermano ancora un po’.

Arrivo all’ultima salita a metà della quale trovo uno scuolabus che sta per partire. Incuriosito chiedo all’autista se fa il percorso urbano, risponde di si e mi chiede dove devo andare. Lo informo che devo raggiungere l’ex convento dei cappuccini e mi dice che non è del posto. Chiedo se passa dalla chiesa Madre e alla risposta positiva chiedo se posso salire. Una volta a bordo chiedo se devo pagare un biglietto, prima mi dice di si e che il costo è un euro poi mi dice che non fa niente.

Percorro così l’ultimo tratto in salita. L’autista mi chiede di dove sono e non si accontenta della generica risposta “dell’agrigentino” chiede di specificare il paese. Quando dico che son di Racalmuto non tanto stupito mi dice che conosce il posto: la madre è di Canicattì e il padre di Mazzarino, per puro caso è nato a Messina dove il padre si era temporaneamente spostato per lavoro ma poi, come capita spesso, c’era rimasto. Così in 5 minuti mi racconta la storia della sua vita ed io ascolto, seppur stanco, tra il divertito e lo stupito: ci sono ancora dubbi che il caso non esiste?

Contatto la signora che gestisce l’accoglienza seppure ho il numero registrato col nome di un prete, questa mi da generiche informazioni.

Insomma prima chiedo ad una strana signora che mi risponde con un linguaggio che a stento capisco ma comprendo che, poverina, ha problemi psicologici, poi grazie ad un ragazzino.

Giungo all’ex convento dei cappuccini e la signora mi informa che il tre pellegrini la stanno tartassando perché vorrebbero essere ospitati a gratis o almeno pagando la metà asserendo che potevano dormire senza lenzuola nei sacchi a pelo. Informo la signora che i tipi sono sui generis e questa mi informa che se li ospiterà sarà in un’altra ala del convento non collegata da quella in cui dormirò io. Questo perché le ho detto che non volevo avere a che fare coi tre ragazzi.

Preso posto mi affaccio alla finestra e mi si presenta uno spettacolo favoloso, fantastico: l’intera vallata fino al mare sotto il convento, un panorama stupefacente.

Fatte le solite commissioni, mangio qualcosa presa prima di arrivare al convento e mi distendo un po’. Mi informo se anche Stefania e Chiara sono arrivate e mi dicono che sono al B&B.

Dopo il canonico riposino pomeridiano salgo al castello e scopro che è una chiesa. Da lassù il panorama è stupendo e mi godo il tramonto sul mare o meglio tra la costa e il mare.

Scendo poi in paese per dei vicoli nei quali incontro pochissima gente, ne incontrerò di più al rientro dopo le 22:30.

Ci ritroviamo come sempre in serata per la cena in un localino dove ci propongono una serie infinita di antipasti. Tutto buono. Prendiamo anche degli assaggi di primo in uno dei quali, con sorpresa, c’è del pesce e me ne accorgo al primo boccone; mio malgrado devo rinunciarci ma non per questo resto a digiuno, anzi.

Piccola nota dolente: i tre pellegrini si sono fermati a San Paolo Cannistrà (circa a metà percorso) per un lungo pranzo, ospiti da un signore del posto. Sono ripartiti verso le 19:00. Lungo il percorso sono tornati indietro. Hanno informato Chiara che a Santa Lucia non trovano posto per via del fatto che la signora dell’ex convento non vuole aspettarli. Chiara mi informa di aver dato il mio numero ai tre, la guardo con tono di rimprovero e subito dopo ricevo chiamata da numero sconosciuto su whatsapp: è uno dei tre. Erano le 21:50. Questi si presenta e mi dice che la signora dell’ex convento non vuole aspettarli per cui, parole testuale “mi chiedo se con la tua complicità possiamo entrare in convento” sbigottito per la richiesta rispondo subito di no, che non faccio entrare persone a casa di altri. Mettiamo giù. Il giorno dopo li incontro in un bar, quello che aveva chiamato si mostra indifferente per l’accaduto ed anzi mi indica il percorso che hanno fatto le ragazze, un’altro mi dice “sai che ti darei volentieri due schiaffi? Quando uno chiede una mano è carino che gliela si dia” rispondo ironicamente che io gliene darei volentieri tre di schiaffi e proseguo. Questo continuerà praticamente tutto il giorno e la terza volta seccato gli rispondo: provaci dai. Scopro poi, parlando con la signora che mi ha ospitato, che era disposta ad aspettarli fino alle 22:30 ma loro l’hanno informata che arrivavano alle 23:30. Anche grazie a Chiara pare abbiano trovato posto in un B&B. Si conclude così ogni mia relazione coi tre, non li incontrerò più lungo il cammino.

Arrivato all’ex convento mi godo ancora un po’ il panorama e mi metto a letto. Il giorno dopo si riparte sempre all’alba.

        

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XVIII tappa: Santa Lucia del Mela – Rometta – 26 agosto 2021

Tappa lunga, le tracce la danno di oltre 25 km. Già dal primo mattino il piede sinistro mi da problemi ma proseguo, superato prima da Chiara e Stefania e poi dai tre.

Parto prima delle ragazze che mi raggiungo appena fuori paese dal quale non è facile uscire: stradine che si incrociano ed il gps va in tilt.

Loro proseguono spedite, io lentamente; il piede fa ancora male malgrado le preziose cure di Stefania.

Arrivo verso le 12:00 a San Pier Niceto mentre minaccia pioggia (il meteo del mio cellulare l’aveva segnalato il giorno prima, altri davano bel tempo) e le vesciche al piede sinistro mi impediscono di proseguire, capisco che non sarei mai arrivato alla meta in quelle condizioni per cui mollo. Avviso Chiara che avrei chiamato per vedere se venivamo a prendermi; mi comunica che loro stavano riprendendo. Così non riesco a completare la tappa. I signori dell’ospitalità a Rometta sono così gentili che molto premurosamente si mettono a disposizione per venire a prendermi. Così prendo una granita, buonissima nell’unico bar aperto del paese, faccio, malgrado l’avvertimento di altri bonaccioni amici del proprietario che mi dicono di non fare in elogi perché poi si monta la testa, i complimenti al titolare il quale mi informa che fa granite da 45 anni.

Mi reco verso la cattedrale ed un signore si offre di farmi fare un breve giro del centro facendomi vedere i panorami stupendi che circondano il paese e dandomi sporadiche informazioni storiche sul posto, una bella chiacchierata in attesa che vengano a prendermi. Si mette a piovere abbastanza forte ma solo per pochi minuti.

Vengono a recuperarmi ed un signore altrettanto gentile mi fa vedere dall’alto parte del percorso offrendomi anche qualcosa al bar. Declino gentilmente l’invito e chiedo che mi accompagni all’accoglienza. Così è. Per quella notte avrei condiviso il bagno con Chiara e Stefania, quando ho chiamato per prenotare il titolare molto imbarazzato non voleva ospitarmi anche perché non sapeva come chiedere il consenso a Chiara. L’ho rasserenato dicendogli che la conoscevo e avrei chiesto. Avendomi Chiara comunicato che per loro non c’erano problemi nel condividere il bagno, informo il titolare e questi mi dice che ha camera per me.

Giunto sul posto e fatte le solite incombenze (doccia e bucato) il piede inizia a farmi più male di prima, mi metto a riposo ma sono preoccupato per le due ragazze.

Continuo a chiamarle ragazze perché sono giovani, lo siamo tutti se non ci facciamo sopraffare dagli anni e loro, ve lo assicuro, agli anni danno sonore sberle.

Mi metto a riposo e mi addormento ma mi sveglio di soprassalto dopo neanche mezz’ora credendo che bussassero alla porta.

Verso le 15:30 arrivano, stanche, Stefania e Chiara, il gestore le informa che hanno a disposizione la lavatrice e lo stendino.

Ci riposiamo per buona parte del pomeriggio e, siccome si è messo a disposizione per un giro turistico e per portarci al suo ristorante fuori dal paese, chiediamo al gestore del B&B se può venire a prenderci alle 19:00.

Gentilissimo risponde di si e puntuale si presenta. Ci fa visitare la chiesa Bizantina, una delle due presenti in Sicilia, porta Milazzo e, dal lato opposto, porta Messina. I panorami sono favolosi. Sulla strada per il ristorante ci fermiamo alle grotte Saracene, recuperate da privati che le avevano occupate abusivamente e risistemate grazie all’interessamento di un’associazione. Posto bello e suggestivo, sapientemente illuminato da faretti a terra che si accendono proprio durante la nostra visita.

Scendiamo così al locale dove per fortuna ceniamo all’interno, la pioggia del pomeriggio ha fatto notevolmente abbassare la temperatura e c’è vento.

Finito di cenare il titolare del B&B e del ristorante ci riporta all’alloggio.

Nei giorno precedenti Chiara mi ha esposto il loro programma giunti a Messina. Avevano prenotato per la notte e sarebbero andate in bus a Capo Peloro perché non valeva la pena farsi 15 km di asfalto, sarebbero ripartite con comodo il giorno dopo. Cerco anch’io di trovare posto a Messina ma l’arrivo cade di sabato e non trovo nulla malgrado i contatti fornitemi da Davide. Avendo il treno alle 16.15 decido di arrivare presto in cattedrale, andare in bus a Capo Peloro, breve visita e rientro in stazione.

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XIX tappa: Rometta – Villafranca Tirrena/Calvaruso – 27 agosto 2021

Facciamo una lauta colazione compresa nel B&B.

Parto di buon’ora poco prima di loro e mi raggiungeranno praticamente all’uscita del paese e proseguiamo insieme.

Devo dirlo: inaspettatamente il tratto in discesa appena fuori Rometta è pulitissimo, qualcuno ha tagliato l’erba e risistemato il sentiero, da quel che ho capito (dalle parole del gestore del B&B) c’è un’associazione che si occupa di ciò; mi fa immensamente piacere che le persone si prendano cura del luogo in cui vivono anche in funzione di chi come me ci si trova a passare.

La tappa è breve – 15 km circa – ed in discesa verso il mare Tirreno. Loro si fermeranno a Villafranca, io proseguirò per Calvaruso dove il prete mi ospita malgrado siano chiusi; riesco ad evitare anche i tre nasty pilgrims.

Il percorso scende lungo il letto di un fiume ma stavolta e meno monotono del precedente tra Novara di Sicilia e Castroreale.

Poco prima di arrivare a Villafranca ci fermiamo in una frazione: Cavaleri. Inevitabile la granita e la lunga pausa.

Arriviamo per le 11:00 al castello di Bauso che visito da solo, le ragazze proseguono verso la loro metà, Chiara non vede l’ora di potere andare a fare un bagno al mare.

Ripreso il percorso troviamo lo strano segno di cui mi avevano parlato.

Arrivati alla periferia di Villafranca ci raggiunge in auto Davide, il Presidente dell’Associazione Amici dei Cammini Francigeni di Sicilia il quale è in partenza per Roma dove insegna.

Dopo quattro chiacchiere ciascuno va per la propria strada: Davide all’imbarco (ho saputo dopo tramite un suo post su fb che il viaggio non è stato “comodo”); Chiara e Stefania al loro B&B ed io in direzione di Calvaruso.

Sapendo che sul posto non c’è modo di ristorarsi decido di fermarmi a pranzare a Villafranca e trovo un bar/rosticceria quasi lungo il percorso. Mi fermo, pranzo e mi riposo per almeno un paio d’ore.

Riprendo la salitina verso Calvaruso intorno alle 14.30, armato di cena ma non della colazione; le informazioni del parroco erano contraddittorie e così ho controllato ed ho scoperto che a Calvaruso c’è un bar nel quale però probabilmente non avrei trovato nulla da mangiare.

Breve salitina su sterrato e dopo circa 3 km incontro le prime case. Chiamo il parroco e mi informa che l’alloggio si trova nella parte alta. Chiedo al bar l’ora di chiusura e mi dicon che chiudono dopo la mezzanotte. Salgo al santuario dell’Ecce Homo nella cui piazzetta trovo un prete di colore seduto su una panchina e non molto propenso al dialogo e una bella fontanella.

Mi ragiunge don Paolo che mi ricorda un’amicizia in comune, un ragazzo di Racalmuto. Mi dice di essere stato a Racalmuto e di aver cenato in un locale vicino al castello.

Scambiamo due chiacchiere e mi porta al posto dove c’era il mio letto. Il locale non è molto accogliente ma lo sapevo e mi ero munito di saccolenzuolo (regalatomi da Paolo) e telo per la doccia che porto sempre con me.

Curiosamente la parte dove si trovano i bagni e la doccia è nuovissima (stanno ristrutturando l’intero santuario per cui l’accoglienza è chiusa e lo sarà per altri sei mesi almeno).

Faccio la doccia e sciacquo i panni in un piccolissimo lavandino, improvviso uno stendino, mi cambio e mi metto a riposare.

Il prete molto premurosamente mi ha informato che alle 19:00 ci sarà la messa.

Verso le 18.00 scendo al bar per recupera la colazione. Anche qui inevitabile la granita e scambio due chiacchiere con un signore del tavolo accanto chiedendo informazioni sulla distanza da Messina.

Risalgo e la messa è quasi finita, il prete mi chiede di aprire il portone dell’ala in cui dormirò per permettere ad un anziano signore di usare il bagno. Li precedo e sgombro tutto in fretta.

Ritornato per ammirare il santuario il prete mi invita alla preghiera del Vespro e non posso declinare l’invito (malgrado il mio imbarazzo che don Paolo deve aver percepito).

La preghiera, come preventivatomi, è durata circa 15 minuti. Ho scoperto così che al posto dei classici bigliettini oggi le preghiere in chiesa si scaricano sul cellulare ma non chiedetemi come: frequento le chiese con la stessa assiduità con cui vado al mare, esclusi i funerali che seguo dall’esterno e i passaggi per località balneari praticamente non ci vado da anni.

Dopo la preghiera don Paolo mi fa fare un giro veloce del santuario.

Rientro ma dentro fa caldo e così mi metto un po’ fuori nello spiazzale accanto alla fontanella. Qualche pellegrino ha dimenticato una borraccia e decido che quella sarà la mia pietruzza da lasciare a Messina.

Verso le 22:00 rientro e mi metto a letto.

Il mattino dopo mi alzo per l’ultima tappa e parto alle 6:00

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XX tappa: Villafranca Tirrena/Calvaruso – Messina – 28 agosto 2021

Lascio il paese e i suoi vicoletti alle prime luci e dopo una bella salita tra tornanti in asfalto, imbocco la stradina nel bosco che lascerò solo in cima a metà percorso.

Poco prima di arrivare in cima trovo una bella fonte d’acqua ed incontro un tagliaboschi che mi dice di realizzare anche insegne in legno, non so che ci faccia da quelle parti ma qualche dubbio ce l’ho.

Riprendo dopo aver scambiato quattro chiacchiere e arrivo praticamente subito a puntal Ferraro dove trovo una sorta di altare all’aperto su un piccolo rialzo.

Proseguo ed arrivo, dopo aver incontrato alcuni operai della forestale che sistemavano il bordostrada vicino ad un rifugio per uccelli feriti (si sentono quelli che scopro, chiedendo agli operai, essere dei gabbiani) e dei ciclisti.

Il cammino prosegue per un tratto su strada e scambio al volo uno stacco di mano con un ciclista in fatica lungo la salita.

Arrivo ad un incrocio con delle costruzioni ed un bar e mi fermo alla “dispensa di don Minicu” al Colle San Rizzo.

Prendo una granita di mandorle perché la mia preferita al limone non è ancora pronta. Trovo che anche questa alle mandorle è buona, insomma a Messina le granite sono buone, non si discute.

Il gestore mi indica il sentiero il cui ingresso è dietro un furgone e mi chiede se voglio timbrate le credenziale. Mette un timbro fra gli altri ma si vede male.

Il sentiero prosegue a gradoni in rapida discesa nuovamente verso il mare ma in un posto tra il surreale, il fantastico e la favola; il posto indubbiamente più bello di tutto questo lungo cammino da Palermo a Messina; come a dire: il bello deve ancora venire lungo il cammino della vita.

Il bello e purtroppo anche il brutto a da venire.

Arrivo alla chiesa della Badiazza e lì finisce la favola. Da ora in poi asfalto e poco dopo un’amara sorpresa.

Incontro una numerosa e allegra famiglia che si accinge a preparare le conserve, ma in quantità industriali a giudacare dall’apparato organizzativo, dalle persone presenti e soprattutto dal numero elevato delle cassette di pomodoro. Scambio due piacevoli chiacchiere e proseguo verso Messina.

Poco dopo mi si presenta il triste paesaggio dei piloni dello svincolo autostradale, giganti di cemento armato sovrastati dall’autostrada in parte e in parte dal cantiere per il completamento: uno spettacolo che cozza anzi fa a pugni col bosco “il sentiero dei vespri” per come mi ha detto poi Davide che da quelle parti ci è cresciuto.

Il percorso passa proprio sotto i piloni che incutono un certo timore se non addirittura terrore.

Proseguo convinto di trovare una fermata del bus ma arrivo praticamente a due km dalla cattedrale. Mi fermo ad una fontana, bagno la bandana e dietro vedo un bar. Decido di prendere una granita con la solita briosch che da queste parti ha il “tuppu” gigantesco ed è buona come la granita.
Pur comprando un biglietto del bus urbano decido di proseguire a piedi. Arrivo in cattedrale verso le 11.30. La sacrestia per il timbro e il testimonium è chiusa. È destino: il mio personale arrivo a fine percorso deve avere una nota di tristezza, sulla MVF la fredda accoglienza al MUDIA, il museo diocesano, qui addirittura la sacrestia chiusa quindi niente timbro e niente testimonium, pazienza me lo farò spedire.

Scopro solo ora mentre il resto del mondo compreso mio nipote Emanuele (come apprendo il giorno dopo) lo sapeva che accanto alla cattedrale c’è la torre dell’orologio, il più grande orologio astronomico e meccanico del mondo.

Chiedo di poter salire ma l’addetto mi dice che potrei farlo dopo il movimento e comunque dovevo lasciare lo zaino; risentito chiedo se posso lasciarglielo in custodia ma lui risponde di no, che avrei dovuto affidarlo a qualche conoscente. Ancora più risentito lo informo che viaggio da solo e che vista la situazione non avevo più intenzione di salire. Compro dei souvenir.

Alle mezzogiorno parte lo spettacolo: dopo i canonici dodici rintocchi si comincia con la scena della vita in bassa. Gira una figura che avanza in età finché la morte non gli da il colpo di grazia con la sua falce; segue in alto il leone che prima fa girare la banderuola poi alza la testa e fragorosamente ruggisce per quattro volte; segue il gallo poco più in basso che alza la testa e le ali e canta il classico chicchiricchì; parte poi la sfilata di santi mentre in sottofondo suola l’Ave Maria di  Schubert. Tento di riprendere col telefono la scena, scopro poi che avendo ingrandito non ho centrato l’immagine, ero troppo stanco specie dagli ultimi chilometri su asfalto.

Lo spettacolo dura 15 minuti, completato mi informo su dove prendere il pullman per Capo Peloro e mi dicono che devo prendere il numero 1 shuttle 100. Penso tra me e me: stavolta vado nello spazio :D)

      

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XXI tappa: Messina – Capo Peloro – 28 agosto 2021; in bus urbano, anzi in shuttle

Prendo l’ennesima granita e aspetto il mio bus. Salgo, lungo il percorso trovo un posto a sedere che cedo ad un vecchietto il quale mi fa “lei non è di Messina, vero?” rispondo di no, che sono dell’agrigentino. Scambiamo due chiacchiere col vecchietto che a fine viaggio ricambia la cortesia indicandomi la direzione da prendere per il traliccio, un mostro di acciaio che si trova nel punto più stretto dello Stretto e che veniva usato, insieme al suo dirimpettaio, per tendere i cavi dell’alta tensione e portare la corrente elettrica in continente; almeno così mi dicono dei bagnanti sul posto.

Raggiungo a piedi il gigante, guardo il punto oltre stretto e l’Italia sembra così vicina.

Ritorno a piedi verso il bus per la stazione, mi fermo per l’ennesima buona granita con briosch, passo davanti ad un locale che curiosamente si chiama “l’officina del gusto” stesso nome di altro locale delle mie parti. Risalgo sul bus urbano e chiedo all’autista se posso rientrare senza timbrare un nuovo biglietto. Questi si fa due conti e mi informa che visto che partiremo alle 14.10 posso sfruttare il biglietto di prima timbrato alle 12:33 fino al capolinea (i biglietti hanno validità di 100 minuti e creano, secondo me, dei problemi di calcolo con il sistema orario in sessantesimi).

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Durante il rientro contatto Chiara e chiedo se sono arrivate, mi dicono di si, chiedo loro se possono aspettarmi in cattedrale e così le raggiungo.

Dopo le rituali foto davanti alla cattedrale, ci spostiamo in un bar per l’ultima granita insieme durante questo cammino. Dal bar vediamo una giocoliera che ai semafori si esibisce per pochi spiccioli dagli automobilisti.

Ultime foto e ultime chiacchiere con queste compagne di viaggio.

Saluti e ci separiamo, io verso la stazione, loro verso il B&B

Nel tragitto faccio un prelievo e mi dirigo a passi elevati in stazione, faccio il biglietto in modo tradizionale. La prima parte la farò in intercity, la seconda in treno locale.

Qui finisce il cammino e comincia il viaggio, adesso non mi resta che scegliere se provare a descrivere le sensazioni, raccontare le avventure e disanventure del retro emozioni comprese o fare i ringraziamenti.

Lascio per un’altra occasione la scelta, oggi è il primo settembre – mese del ripensamento sugli anni e sull’età canta Guccini –  e non ho mai scritto un diario di viaggio a così breve distanza dalla conclusione, di solito passano settimane se non mesi; sarà segno che sto invecchiando e misuro con metro diverso il tempo? Prima segnavo quello trascorso, adesso calcolo col contagocce quello che mi resta perché non avrò altrettanti anni da passare qui; dopo spero resti il ricordo e mi auguro sia un ricordo positivo di me ma questo spetta ai posteri. Per oggi mi fermo.

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Eccomi ai ringraziamenti.

Comincio dai miei compagni di viaggio: Chiara, che, come ho detto anzi scritto, conosco per via della MVF e Stefania che ho conosciuto in questo cammino e di cui conosco solo il nome, in fondo il cognome è solo una convenzione sociale quando è importante comprendersi ed apprezzarsi e personalmente ho apprezzato il suo modo di porsi discreto e cordiale, a tratti aperto.

Ringrazio ancora Sergio, Gero e Renato, sempre nomadi in terre differenti ma sempre vicini.

Ringrazio la mia famiglia, i miei amici.

Ringrazio ogni persona conosciuta o solo incontrata in cammino.

Ringrazio le montagne per l’inamovibile fierezza con cui mi hanno accolto e l’immutabile serenità con cui mi hanno visto e lasciato passare; mi avete trasmesso entrambe: inamovibile fierezza e immutabile serenità.

Ringrazio anche chi a suo modo mi è stato vicino e m’ha fatto compagnia.

La determinazione e la caparbietà sono caratteristiche preziose come riconoscere i propri limiti e spingersi solo un passo oltre, al secondo desistere per non farsi male. Questo non mi stancherò mai di dirlo così come non mi stancherò di dire che spesso i limiti sono solo una nostra fantasia o sono determinati dalla paura.

Scrivere, come ho detto all’inizio, non è facile; trasmettere sentimenti ancora meno. Non ho la pretesa di esserci riuscito, mi auguro che vi sia piaciuto e che abbia stimolato la voglia di fare, di dedicarsi a se stessi, al prossimo, al posto in cui viviamo, al Mondo intero perché siamo parte del tutto e il tutto non è che un’infinitesima parte di noi.

Non scriverò la parola “fine” in questo diario; sto già maturando il prossimo viaggio, il prossimo sogno che affronterò con la scorta di questi ricordi.

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CONTINUA ...